martedì 13 settembre 2016

Salviamo la Sardegna dal fuoco

Perché in Sardegna ogni anno bruciano migliaia di ettari di bosco?

Bella domanda, dirà qualcuno, e a ragione giacché gli organi istituzionali preposti spendono ogni estate una fiumana di milioni di euro senza riuscire né ad attenuarlo, il pernicioso fenomeno, né, tanto meno, a debellarlo.
Chi ha memoria storica dell'ambiente agro-pastorale vigente nell’immediato Dopoguerra (e anche durante), quando le campagne di tutto il territorio sardo erano coltivate e popolate e l’abbruciamento delle campagne rappresentava una consuetudine invalsa, non può che restare sbigottito al cospetto del fenomeno incendiario cui oggi si assiste impotenti.
I contadini, mercé un pragmatismo sobriamente istintivo, senza che dovessero chiedere benestare a chicchessia, appiccavano il fuoco ai rispettivi terreni per debbiarli e predisporli per le coltivazioni della stagione successiva. Ciononostante non si vivevano situazioni di drammaticità tali da poter essere raffrontate alle calamità che accadono puntualmente ora.
Quando capitava, e purtroppo succedeva, che qualche operazione di abbruciamento andasse fuori controllo, si diceva “su fogu fuiu”, anzitutto si sapeva chi lo aveva causato e poi, in ogni caso, i danni erano relativi. I controlli, infatti, in modo del tutto spontanei, erano pressoché generalizzati giacché i proprietari dei terreni confinanti adempivano le stesse incombenze attenuando i danni, mentre il territorio sardo era comunemente rappresentato come una sorta di giardino fiorito.
Ecco, perciò, che per combattere il fenomeno attuale, sia pure dovuto a situazioni ambientali e sociali completamente diverse, come avere a che fare con soggetti nel cui animo alberga una specie di “odio” astratto contro chi loro stessi lo ignorano, sono assolutamente necessarie iniziative capaci di riprodurre in qualche misura il pragmatismo e la saggezza dei contadini di allora, cioè a dire: RIPOPOLARE LE CAMPAGNE.

 Come, diranno gli uomini di scienza e i cosiddetti consulenti espressamente ingaggiati a suon di quattrini dalla Regione Sardegna, che individuano nei Canadair e negli Elicotteri, che fanno persino tenerezza quando svuotano i loro secchielli in un inferno di fuoco, oppure nei dispendiosissimi spot pubblicitari spesso fini a se stessi, gli unici mezzi per combattere il fenomeno.

Non nello stesso modo di allora, ovviamente, perché, purtroppo, lo status oggi dominante non consente similitudini appropriate: in Sardegna nessuno quasi coltiva più la terra, neppure in quelle zone dove, stante la particolare fertilità, sorgevano i cosiddetti “Granai d’Italia”, tanto cari, ai tempi del suo impero, anche a Benito Mussolini.

Già… maCome?
Premesso che, nonostante le rimembranze sopra riportate, sia pure indicative, nessuna terapia, per quanto scientificamente o pragmaticamente valida, può garantire in assoluto una “guarigione”, pare tuttavia urgente la necessità di sperimentare soluzioni differenti da quelle finora praticate.
Cercherò, con molta umiltà, e, se mi è concesso, da musicista sognatore (si ascolti tante volte Sardinia Simphony [e si legga anche il Broshure illustrativo], si scoprirà una Sardegna nuova, meravigliosamente bella, assolutamente da salvare!) di esporre la mia “utopia”, che tuttavia potrebbe anche non essere completamente tale.
Come si può notare nell’immagine della Sardegna sotto riprodotta, la nostra Isola, come del resto tutti i territori a funzione demografica, è suddivisa in tanti comuni (in Sardegna sono 377), ciascuno con un proprio territorio giurisdizionale.




PARTIRE DAI SINGOLI COMUNI
Da qui, dai singoli Comuni, è necessario ripartire per combattere gli adepti di Lucifero, i cosiddetti piromani, che non sanno che cosa vogliono e perché abbiano in animo l’intento di distruggere quanto di più bello e indispensabile per la nostra stessa realtà il buon Dio ci abbia donato.
Con questo modus operandi, tra le altre positività, ci sarebbe anche quella, non meno importante, che in Sardegna per almeno cinque mesi l’anno non si avrebbe un solo disoccupato, mentre consistenti sarebbero i risparmi conseguenti a favore della Regione Sardegna e, soprattutto, dei contribuenti tutti, che copiosamente la foraggiano. Nessuno dimentichi questa specifica!
Altro particolare riguardante le  rimembranze riferite al periodo sopra citato, cioè al dopoguerra, è che allora tutto il territorio comunale era disseminato di sentieri che gli stessi proprietari dei terreni, probabilmente in tempi atavici, avevano realizzato e tramandato. 

Erano calli percorribili a piedi, o a cavallo con mandrie al seguito; ma anche carreggiati per il trasporto del coltivato dai rispettivi siti fino alle aie comunali, solitamente ubicate in prossimità dell’agglomerato urbano.
Sempre nel Paese di riferimento personale, in tempi relativamente recenti, ho voluto curiosare per verificare se almeno alcuni di quei viottoli ancora esistessero. Constatai, con rammarico, che nulla più dei tracciati di allora era praticabile, mentre selve incontrollate sommergevano pressoché tutto, anche sorgenti bellissime che al tempo ben servivano per la stessa economia del paese: abbeveraggio delle bestie, coltivazioni particolari e quanto altro. 
Ricordo che, non pochi anni or sono, un mio caro amico, al tempo stimato sindaco di un piccolo comune del Barigadu, Allai, mi volle portare con sé per farmi conoscere un territorio bellissimo, il Monte Grighine, di cui il paese di Allai ha in gran parte giurisdizione.
Notai, fra l’altro, nell’ammirare tanta magnificenza, che tra una selva e l’altra, c’erano delle strisce lunghissime, con vegetazione rada, in forte contrasto con quanto altro attorno, che si protendevano dall’alto verso il basso nella montagna, isolando le vaste aree silvestri, quasi volessero fare da baluardo per proteggerle da possibili occulti pericoli.
Chiesi all’amico sindaco a che cosa servissero quei “vuoti”, e mi rispose che erano dei sistemi antincendio. In tal modo, mi disse, in caso di abbruciamento, colposo o doloso che fosse, la situazione di controllo sarebbe stata più semplice e gli interventi sanatori più rapidi ed efficaci.
Notai ancora, proseguendo a piedi la scalata (in macchina era stato possibile arrivare soltanto fino a un caseggiato un po’ sui generis, all’uopo attrezzato e organizzato, che lo stesso amico sindaco aveva fortemente voluto in quel sito specifico per consentire adeguato rifugio e ristoro a quanti ne avessero avuto necessità: pastori, boscaioli, carbonai, semplici escursionisti o altri operatori), delle strutture di legno che sembravano piccole torri, dislocate a distanza di qualche chilometro l’una dall’altra, in punti strategici, tra i confini dei due comuni limitrofi.
Mi disse che erano delle torrette di sorveglianza, mirate sempre a prevenire gli incendi, operanti durante il periodo estivo, da giugno a ottobre quando, secondo l’art. 2 della legge Regionale specifica, vige lo “stato di rischio d’incendio boschivo”  (la nostra visita avvenne in piena primavera).
 In questo modo, mi disse ancora, siamo riusciti finora a conservare nel miglior modo possibile questa sorta di Paradiso terrestre.
Stante queste premesse, pertanto, il sistema migliore per ripopolare in qualche modo le campagne sarde credo che si debba ricercare in queste realtà, vale a dire nelle competenze territoriali dei Comuni, che significa anche acquisire una cultura basata non sulla repressione, come avviene ora, ma sulla prevenzione.

RIPRISTINARE I SENTIERI
Rilevai pure che in molti casi non sarebbe stato difficile ripristinare una sorta di status quo, riaprire, cioè, viottoli e raggiungere ogni podere come una volta, soprattutto quelli dove la mancata coltivazione ha favorito il sorgere di uno stato selvoso particolarmente rilevante, ma anche attrattivo riguardo alle mutazioni culturali nel frattempo intervenute, dove anche iniziative in funzione turistica potrebbero in qualche caso trovare giusto e funzionale interesse.



 TORRETTE DI SORVEGLIANZA LUNGO LA LINEA DI CONFINE DEI COMUNI LIMITROFI
Altro importante accorgimento sarebbero le torrette di sorveglianza opportunamente ed equamente dislocate lungo la linea di confine dei comuni coinvolti, soprattutto nei punti maggiormente esposti al pericolo d’incendio e capaci di contemplare orizzonti d’avvistamento di più vaste dimensioni possibili.

Anche l’individuazione delle zone sensibili riguardanti l’installazione delle vedette, dovrebbe essere di competenza dei singoli comuni, e così pure il reperimento della manovalanza operativa necessaria per il buon funzionamento del tutto.


PATTUGLIAMENTO NELLE ZONE A RISCHIO
Altro fattore importante sarebbe il pattugliamento itinerante, a cavallo o a piedi, nelle aree maggiormente esposte e riabilitate dopo aver ripristinato sentieri di percorso necessari.
Il personale addetto, nei limiti del possibile sempre reclutato dai comuni nell’ambito del tasso di disoccupazione esistente nel paese, dev’essere adeguatamente equipaggiato in funzione di un’efficienza operativa massima, in grado, anche qui, di mantenere sempre un collegamento in tempo reale con tutte le fonti del sistema, sia centrali (Centro Coordinamento aerei ed elicotteri, Guardie Forestali, Vigili del Fuoco, Protezione Civile, Carabinieri, Polizia Stradale), che periferiche o locali (Torrette di sorveglianza, Compagnie Barracellari, Volontari e quanto altro eventuale).



REPERIMENTO FONDI E GESTIONE DEL SISTEMA OPERATIVO


Va da sé che i comuni per ottemperare a tutto ciò debbano essere dotati di risorse finanziarie adeguate, che la Regione potrebbe recuperare senza difficoltà eccessive decurtando i bilanci della campagna antincendi ora in vigore, dispendiosa, scarsamente produttiva e non sempre, a detta degli stessi operatori, ben coordinata.


RESPONSABILIZZARE CHI ABITUALMENTE SOGGIORNA NELLE CAMPAGNE SARDE

Altra importante verifica da fare da parte dei comuni è l’accertamento della presenza di soggetti operativi stanziali nell’ambito delle campagne territoriali: allevatori, agricoltori, viticultori, agriturismo, piccole attività artigianali o altri possibili.
La sensibilizzazione di questi soggetti ai fini della prevenzione degli incendi è fondamentale, non solo per la tutela delle loro attività specifiche, ma anche per tutto ciò che vige loro attorno: foreste, proprietà semideserte o addirittura abbandonate, individuazione di figure estranee e quant’altro eventuale.

Sentire, come spesso accade, taluni di questi operatori far querimonie perché “l’incendio mi ha semidistrutto il locale appena restaurato” o “mi sono stati inceneriti i foraggi e il pagliaio”, è semplicemente assurdo, non trova giustificazione logica se non nell’incuria e nella negligenza degli stessi.

E' necessario che sia loro richiesto (o imposto in caso di necessità) un controllo responsabile dei terreni limitrofi, favorendoli anche, a seconda dell'efficienza, con l'assegnazione di contributi di merito: meglio dar da mangiare agli affamati e da bere agli assetati piuttosto che elargire cachet milionari a consulenti non sempre competenti in fatto di conoscenza del territorio.



"FREQUENTATORI” OCCASIONALI
Un controllo accurato d’identificazione, inoltre, è necessario anche nei confronti di quanti sono soliti frequentare la campagna occasionalmente: cacciatori, diportisti, escursionisti, eccetera.
Ancora più accurata dovrà essere la sorveglianza riguardante coloro che si addentrano nelle zone boschive senza una ragione specifica: nessuno dovrà essere privato della libertà di movimento, neppure nelle campagne, ma è assolutamente necessario essere identificati: Chi sono? Che cosa vogliono trarre dall’ambiente naturale che si ritrovano a contemplare e si accingono a fruire?
sTutti, alla luce del sole, possiamo e dobbiamo essere fautori  di questa tutela, indispensabile e necessaria affinché il futuro dei nostri figli sia conservato e migliorato: “chie brùsiat sa Sardigna brùsiat su benidore nostru”chi brucia la Sardegna - recitano giustamente i bei bambini dello spot sotto riprodotto - brucia il nostro futuro. 


Ecco, perciò, che itinerari, ripristinati o realizzati ex novo, nei boschi e nelle montagne ben serviranno per sviluppare viepiù l'amore per la natura e vaforire il risorgere di tradizioni antiche e attuali al tempo stesso. 


Per questo e altre mille ragioni la Sardegna si deve assolutamente affrancare da fatti incendiari delittuosi, siano essi dolosi, colposi o per deplorevole negligenza. 


SISTEMA OPERATIVO COMPLESSO?
E’ probabile che taluni giudichino complesso l’insieme suggerito in questo mio (utopistico?) progetto, e probabilmente almeno un po’ lo è, soprattutto se ci si limita ad analizzarlo in un’ottica globale, vale a dire a dimensione regionale.
Sarà molto meno complicato, invece, se le considerazioni oggettive saranno fatte secondo il metodo suggerito, cioè mettendo al centro del sistema gli Enti Locali, i Comuni, gli unici a vantare una conoscenza capillare del territorio e capaci di accogliere forme di tutela adeguate.
Si scoprirà anche, tuttavia, che non tutti gli agglomerati urbani si ritrovano nelle condizioni previste dalle Prescrizioni Regionali Antincendi, mentre va da sé che per taluni comuni il sistema di controllo qui proposto non sarà necessario o lo sarà in misura limitata.
Sarà così opportuno concentrare in maggior misura l’operatività suggerita nelle zone che presentano i maggiori fattori di rischio, sia per la presenza di una realtà geografica complessa sia per la ricchezza dei boschi di cui sono dotate, o altre prerogative importanti.
Questo concetto avrà necessariamente un orizzonte molto ampio di analisi, riguarderà, cioè, non solo siti particolarmente silvestri ma anche strutture di vario genere: ovili, aziende agricole, villaggi turistici, campeggi vari e quanti altri simili.
Fattore deterrente
Il fatto stesso di sapere che è in atto un piano di sorveglianza molto serrato in tutti i comuni della Sardegna, dovrebbe di per sé rappresentare un deterrente di considerevole importanza, capace di “scoraggiare” azioni dolose o atteggiamenti negligenti da parte di chichessia.
Riunione on line
Discutiamone, perciò, con modestia e umiltà, senza che nessuno si reputi depositario di intelligenze superiori, utili soltanto per soffocare sul nascere quelle altrui.
A livello ufficiale si fanno tante riunioni prima che un Piano Operativo sia formalizzato e attuato. Si tratta, secondo fonti assolutamente attendibili, di riunioni fra l’altro molto dispendiose e, spesso, visti i risultati, tanto poco fruttuose.

Facciamone una anche noi, senza spendere un solo centesimo. Tutti sono invitati a partecipare e dare il proprio contributo: Classe politica (soprattutto), Sindaci, Giornalisti, Cittadini, Allevatori, Agricoltori, Operatori turistici e via dicendo, nessuno escluso. Il tutto facciamolo tramite Internet, se si vuole nel Blog: salvatorepili.blogspot.it, dove questo “Piano Antincendio per salvare la Sardegna” è pure pubblicato nelle sue parti essenziali.


CHI LO DESIDERA PUO' RICHIEDERE L'OPUSCOLO COMPLETO IN VERSIONE CARTACEA rivolgendosi ai seguenti indirizzi:

E-MAIL: pili_salvatore@tiscali. It  /  Blog: salvatorepili.blogspot.it / Facebook: SALVATORE PILI


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