venerdì 17 novembre 2017

A LEZIONE DI POLITICA... e di Musica


A LEZIONE DI POLITICA... e di MUSICA.

Anche per avere esempi di buona politica spesso è necessario rivolgersi al passato, ed è ciò che si propone di fare questo Post ricordando il patrimonio etico trasmessoci da due grandi e indimenticabili Maestri: 

FERRUCCIO PARRI ed ENRICO DE NICOLA.

Ferruccio Parri nel 1945 fu il primo Presidente del Consiglio alla guida di un governo di unità nazionale in un’Italia macerata dalla grande guerra.
Di Ferruccio Parri (1890-1981) il grande giornalista Indro Montanelli raccontò che da Presidente del Consiglio, dormiva su una branda da campo nella stanza vicina al suo studio; per i pasti si accontentava di panini al formaggio o alla mortadella, non voleva scorte, tanto meno auto blu di rappresentanza. Ogni sera andava ad acquistare i francobolli per la sua posta privata. Anche quando nel 1963 fu nominato senatore a vita, viaggiava di notte per risparmiare i soldi dell’albergo.


C’è un perfetto parallelismo con un altro grande PRIMO, Enrico De Nicola, primo presidente della Repubblica Italiana.

Dal libro: "GLI UOMINI CHE HANNO FATTO IL DIRITTO"

Questa è l’Italia che piace. Questa è l’Italia da far conoscere ai giovani per dire che non hanno tutti i torti coloro che sostengono che, per andare avanti, sovente bisogna tornare indietro.

Se dovessi fare anche un riferimento di carattere musicale, ad esempio fra passato e contemporaneo, in altre parole fra tonalismo e dodecafonismo
direi - nessuno me ne voglia - che 
non sempre quello che viene dopo è progresso.

Gino Stefani, introducendo il contenuto e le finalità di un suo libro, “Capire la musica”, dice fra l’altro: “Questo libro è per il pubblico. Per quel pubblico che sfugge la musica e a cui la musica sfugge, che sente con orecchio distratto e non ascolta, che accetta passivamente tutto il materiale sonoro che gli è impossibile evitare…”
“Ma è anche per quel pubblico - scrive ancora - che divora voracemente ogni portata sonora che gli viene somministrata, sfiorato però dal sospetto che sotto la superficie dei suoni ci sia qualcosa di più, per cui confessa: 
"la musica mi piace, ma non la capisco…”

Riferimento, quest'ultimo, certamente riguardante la sfera degli appassionati della musica tonale, quella, per intenderci, dove le successioni e gli agglomerati sonori seguono una logica razionale, rigorosamente scientifica. Pur titubante, l'ascoltatore trova qui una sorta di ubi consistam, un punto d'appoggio che gli consente in ogni caso di appagare, sia pure non pienamente, la sua passione per la musica.

Il discorso si fa ancora più complesso quando l’autore si propone di spiegare - a mio avviso senza grandi risultati - ai profani la musica atonale, di cui pure è un fautore, che così la introduce: “L’impressione primaria che abbiamo ascoltando della musica cosiddetta “atonale” è appunto un po’ quella di un linguaggio in disfacimento. Il materiale di base è ancora quello: le dodici note, gli strumenti musicali tradizionali, tante figure e forme familiari; tuttavia manca una coesione sufficiente perché si possa parlare di un “discorso” a senso compiuto…”

Allargando l’orizzonte e coinvolgendo anche problematiche di natura socio-politica, si può supporre che il tonalismo sia la rappresentazione ideale di una perfetta democrazia, basata su regole e leggi uguali per tutti e che da tutti devono essere rispettate, mentre l’atonalismo è l’esatto opposto: un sistema anarchico dove nessuna delle dodici note musicali (da qui dodecafonia) si ritrova in stato di subordine, e tanto meno di sudditanza, rispetto ad altre.

L'analisi, ovviamente, è oltremodo semplicistica, come dire, terra terra
L'oggettività, in effetti, è ben diversa e complessa, talmente variegata da poter essere considerata addirittura esoterica.

Una cosa però, a proposito di musica di tradizione tonale, impropriamente riferita al “passato”, e la musica contemporanea (il cosiddetto dodecafonismo), altrettanto impropriamente riferita al “presente”, si può ancora rilevare e porre l’accento.
Le programmazioni concertistiche (e liriche) dei teatri musicali, pressoché in tutto il mondo, in particolare in quello occidentale, sono basate, nel 99% dei casi, su musiche di autori del “passato” (più attuali che mai!): Bach, Mozart, Beethoven, Verdi, Rossini, Puccini…
Un motivo ci sarà!

La storia dell’umanità è strutturata su stratificazioni sovrapposte, via via realizzate dalle generazioni che nel tempo si sono succedute. Non può esistere il presente senza il passato e non può esserci futuro senza il presente.
Noi, infatti, ci ritroviamo sorretti da quella creata dai nostri nonni e dai nostri genitori e, ligi ai loro buoni esempi, non mancheremo di apportare innovazioni che trasmetteremo poi ai nostri figli, ai nostri nipoti, creando i presupposti affinché possano a loro volta continuare nella ricerca e scoprire (l’uomo non “inventa” mai nulla: scopre e scientificamente elabora) quanto più possibile di questo mondo meraviglioso di cui, noi umane creature, vorremmo conoscere sia l’inizio sia la fine, evento che mai potrà avvenire perché - anche di questo dobbiamo essere consapevoli - c’è Qualcosa o Qualcuno che trascende dalle umane intelligenze (e anche dalle sue miserie). 

Soltanto con una grande fede tale mistero potrà essere foriero di pace e serenità anche in questo terracqueo mondo, sia a livello individuale sia sociale. 
Impresa, questa, oltremodo ardua da conseguire stante il morboso attaccamento all’effimero da parte dell'uomo, che gli impedisce  di cogliere con immediatezza valori più alti del suo stesso essere.
Serve a poco, soprattutto se l’uso che se ne fa non è appropriato, avere un'immagine di fasto e di ricchezza come nababbi, se poi manca la consapevolezza che il benessere materiale qui posseduto altro non è se non una “elargizione provvisoria”, assegnazione che sarà ineluttabilmente revocata e sostituita, al momento della fatidica chiamata, da un viatico spirituale assolutamente trascendentale, indispensabile affinché le porte dell’eternità si possano aprire e accoglierci gioiosamente.

Lo sapeva bene papa Paolo VI, che, in illuminanti encicliche, esortava il mondo dell'opulenza a ben comportarsi: "...nessuno ha il diritto di accumulare ricchezze che non consumerà mai, ancorché potesse avere una pluralità di vite, quando alla sua porta c'è qualcuno che bussa perché ha fame" .

... ma il mondo dell'opulenza è distratto, sente ma non ascolta, e commette obbrobri come quello seguente (e fa anche di peggio):

Einstein, venduto all'asta per 1,56 milioni un suo appunto sulla felicità





























Risultati immagini per immagini del manosscritto appunti sulla felicità di einstein
Immagine dell'appunto sulla felicità di Albert Einstein- Fonte: Internet.
Lo scritto dello scienziato battuto per una cifra significativamente più alta delle stime che attribuivano al documento un valore tra i 5.000 e gli 8.000 dollari.
Intimi pensieri di Einstein
Il testo recitava: "Una vita tranquilla e modesta porta più gioia del perseguimento del successo legato a un'agitazione perenne", e "dove c'è volontà, c'è la strada". 

Pensiero nobile, quello di Einstein, non accolto, però, da chi poco è consapevole del valore vero della "ricchezza", e neppure del senso della stessa vita. Non può essere altrimenti, al cospetto di uno sperpero di 1,56 milioni di dollari ostentato per manifestare una presunta "superiorità" sociale, a sfregio di un pauperismo dilagante che persiste nel mondo, ma anche fuorviando dal pensiero dello stesso scienziato che, nel foglietto di un taccuino di un albergo, in un momento di evidente serena contemplazione, indicava, con poche e significative parole, una strada diversa da seguire:

Ogni giorno nel mondo 8 mila bambini muoiono di fame (prima dei 5 anni). 

L'UNICEF, a commento della nuova ricerca pubblicata su The Lancet sulla nutrizione materna e infantile, ha ribadito la necessità di una leadership risoluta e di un costante impegno a livello nazionale e globale per vincere la battaglia contro la malnutrizione.
Ecco perché, oggi più che mai, umiltà, modestia, solidarietà… saranno presidi indispensabili per un buon vivere, sia individuale sia collettivo.

Chiudo citando San Giovanni Bosco, che dalla rivista a lui dedicata, “IL BOLLETTINO SALESIANO”, ho preso spunto per redigere questo Post.

Quando si rivolgeva ai suoi collaboratori, la parola d’ordine di Don Bosco era sempre la stessa: “EDUCATE SOPRATTUTTO CON L’ESEMPIO!”.
Ma oggi, "buoni esempi" provenienti dall'alto ne abbiamo a sufficienza?

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