domenica 20 ottobre 2019

Considerazioni sul concerto 
dellEnsemble di fisarmoniche del Conservatorio di Cagliari.





Negli anni di maggior fervore da parte del movimento fisarmonicistico italiano, 50/80 e oltre, il potentato dei papaveri alti alti, che quasi in esclusiva allora gestiva la struttura burocratica conservatoriale, considerava questo strumento di estrazione villereccia, non degno di essere annoverato negli austeri ranghi degli Atenei musicali dello Stato. Ci fu persino un ostentato rifiuto di proposizioni di ascolto che grandi concertisti, in particolare Gervasio Marcosignori, loro prospettavano, quasi si trattasse di lesa maestà, pregiudizievole di un supposto prestigio di cui pretendevano di esserne depositari esclusivi.
Non tutti, ovviamente. Altri musicisti, invece - dirigenti e docenti di conservatorio, compositori, direttori d’orchestra, concertisti di strumenti diversi - furono attratti dalle ragguardevoli potenzialità artistiche e tecniche della fisarmonica, tanto da divenirne a loro volta paladini della sua stessa causa conservatoriale. E’, tanto per citarne alcuni, l'esempio dei maestri Luigi Ferrari-Trecate, Lino Liviabella, Ettore Pozzoli, Franco Alfano, Mario Barbieri, Luciano Chailly, Guido Farina, Felice Lattuada… che con opere ammirevoli, soprattutto compositive, hanno pure contribuito all'evoluzione artistica del popolare strumento e alla conquista di traguardi veramente importanti, ancorché tuttora in divenire.

Ma i veri artefici dello sviluppo artistico e tecnico della fisarmonica in Italia, unitamente al sostegno di alcune importanti industrie del settore e altri fattori contingenti, sono tuttavia coloro che, sempre in prima linea, hanno dedicato allo strumento pressoché tutta la loro attività professionale, sia compositiva, didattica o concertistica. Oltremodo meritorio, assolutamente da non obliare, è, in quest’ambito, l’impegno fattivo dei maestri: Felice Fugazza, Adamo Volpi, Luigi Lanaro, Bio Boccosi, Giuseppe Pizzuto, Gervasio Marcosignori, Vittorio Melocchi, Emilio Cambieri, Wolmer Beltrami, Gorni Kramer, Francesco Ferrari, Peppino Principe, Pietro Frosini, Charles Magnante, Pietro Deiro… e tanti, tantissimi altri autori, cultori e concertisti di cui mi scuso per non poterli citare tutti.
Il loro geniale contributo a favore di questo strumento rappresenta ancora oggi la base più solida dell’architettura didattica e concertistica della fisarmonica moderna.
Sintesi come Preludio op. 31, Festival Fantasy, Fileuse… di Adamo Volpi; Preludio e fuga, Sonatina, Introduzione e fuga… di Felice Fugazza, Acquarelli Cubani di Luciano Fancelli, Miniatura di Luigi Lanaro… (e mi fermo qui, anche per non tediare oltremodo chi mi legge), oggi non se ne creano più.
Metterei in risalto anche l’opera creativa di alcuni eccellenti trascrittori, bravissimi nel saper “trasferire” alla fisarmonica, quasi si trattasse di opere originali, atmosfere e valenze intrinseche di composizioni scritte dai rispettivi autori per ben altri strumenti: Bach, Paganini, Listz, Mozart, Rossini…, oltre che capaci di trasformare piccole cellule tematiche popolari in autentiche “perle” musicali classiche.
Si ascolti, a proposito di queste ultime, nelle opere discografiche di seguito menzionate, Dark Eyes di Charles Magnante e Carnevale di Venezia di Pietro Frosini.
La fisarmonica al tempo dei Grandi compositori ancora non esisteva e pertanto, al contrario di pressoché tutti gli altri strumenti conservatoriali, non ha avuto la possibilità di avvalersi del loro apporto diretto, che sicuramente non sarebbe mancato.
Nel caso si volesse “curiosare” circa la valenza artistica delle trascrizioni, invito all’ascolto dei miei due CD, “Concerto per fisarmonica sola” e “Concerto per fisarmonica e orchestra”, che ne contengono alcune di esemplare eloquenza.
Queste due opere discografiche sono diffuse, con successo crescente, nei più importanti centri musicali abilitati, soprattutto in Europa e negli Stati Uniti d’America.
Esemplare testimonianza circa l'essenza delle trascrizioni, è anche l’attivissima fisarmonicista Eugenia Cherkazova (ma non solo lei), che ne propone parecchie con eccellente bravura e raffinato buon gusto. Ascoltarla è un vero piacere.

L’orientamento odierno, sia didattico sia concertistico, tuttavia, non rispecchia fedelmente l’ideale di fisarmonica classica agognata dai maestri sopra citati, presupposto, quello loro, che non disgiungeva questo strumento dalla nobiltà attribuita ad altri di più antica tradizione storica: pianoforte, organo, violino, flauto…

Si ha l’impressione, oggi, che sia in atto una sorta di rivoluzione forzata, sia tecnica sia espressiva, rispetto al passato da parte dei cultori della fisarmonica, più attratti dalla libertà o, se si vuole, dall’anarchia creativa offerta dal sistema dodecafonico piuttosto che ossequiosi ai severi vincoli imposti dal tonalismo classico, dove calcoli matematici tipo certa polifonia di fiamminga memoria poco contano.

Indicativo quanto interessante ciò che, nel suo libro “Capire la Musica”, Gino Stefani scrive a proposito della tecnica atonale: Di fronte alla musica dodecafonica l’ascoltatore tradizionale prova un senso di frustrazione continua. Le note sono ancora tutte lì, intatte e riconoscibili; ma è tutto ciò che resta del linguaggio familiare; è come se qualcuno si fosse perversamente divertito a stravolgere tutte le forme di senso possibili con i dodici suoni….
Stefani, poi, essendo egli stesso un estimatore delle teorie Schonberghiane, prova anche a dimostrare i lati positivi, che sicuramente ci sono, del nuovo linguaggio.

Ciononostante, è tuttavia molto importante il fatto che anche il Conservatorio di Cagliari, sia pure un po’ tardivamente, dedichi oggi maggiori attenzioni alla fisarmonica e gli offra giuste possibilità e prospettive di sviluppo.
Mi pare di aver in ogni caso capito, riferendomi al “Giovanni Pierluigi da Palestrina”, che non si tratta, al momento, di un fatto strutturale vero e proprio, ma di qualcosa che sa di provvisorietà, di approccio, forse anche conseguente alla presenza  di un capitale discente non certo rilevante, dove cogliere individualità da poter coltivare ad alti livelli di studio è certamente un problema.
Nei tempi di maggior sviluppo della mia attività didattica privata, la classe di fisarmonica del Centro Musicale era solitamente frequentata da 70/80 allievi, di cui non pochi, grazie a questo strumento che li ha fortemente favoriti, hanno potuto poi proseguire, con strumenti e discipline diverse, in studi conservatoriali, conseguendo risultati lusinghieri e divenendo, in parecchi casi, affermati professionisti e docenti.

Oggi non è più così.
La Sardegna, che più di altre regioni stenta a risollevarsi da contingenze critiche, a qualsiasi settore queste appartengano, si ritrova impantanata, quanto a fisarmonica, in una situazione di “calma piatta”, oserei dire di abulia languente.
Venute meno, unitamente ad altri fattori fuorvianti, le nostre iniziative (diciassette anni di collaborazione RAI, con rubriche radiofoniche settimanali di grande successo, sia a diffusione locale sia su rete nazionale, decine di concorsi regionali di “musica per i giovani”, numerosissimi concerti, classici e popolari, e un’infinità d’iniziative collaterali), tutto oggi sembra essersi avvizzito.
Commissione  giudicatrice di uno dei tanti Concorsi regionali "Musica per i Giovani" organizzati dal Centro Musicale di Cagliari, qui presieduta dal Professor Dario Ferrari.
Mi si consenta di porre l’accento sui “concerti popolari”, pure svolti in gran numero nelle più disparate località della Sardegna, soprattutto dalla Fisorchestra del Centro Musicale, un corpo strumentale di circa trenta elementi formato prevalentemente da allievi della classe di fisarmonica della scuola[1].
Nonostante difficoltà organizzative enormi, senza mai poter contare su sostegni finanziari esterni, ma con un entusiasmo quasi trascendente da parte dei protagonisti, la Fisorchestra, ancorché con finalità amatoriali, si proponeva con un genere musicale vario, straordinariamente attrattivo, di buon livello tecnico e artistico, tanto da non trovare riscontri, né nel passato né nel presente, con altre entità similari nell’intero territorio dell’Isola.

Oggi questa realtà non esiste più, mentre sono radicalmente mutati i tempi e le condizioni, rendendo conseguentemente imperante l’esigenza di escogitare modi operativi diversamente conformati, in particolare nella didattica, che mi pare, anche ascoltando l’Ensemble di fisarmoniche conservatoriale in questione, propenda oltremisura verso sperimentazioni aleatorie, anziché essere meglio supportata dal tradizionale tonalismo.
Mi si consenta un’altra considerazione: Non sarà certo una circostanza fortuita il fatto che, nella stragrande maggioranza dei casi, nei teatri musicali di tutto il mondo, i cartelloni sinfonici stagionali propongano quasi esclusivamente opere di grandi autori: Vivaldi, Bach, Hendel, Mozart, Beethoven, Mendelssohn, Chopin, Schumann, Listz, Brahms…, per non parlare della lirica, dove Rossini, Donizetti, Verdi, Puccini… dominano indisturbati.

Diversamente organizzati, a me pare, sono i corsi di fisarmonica in altri conservatori, in particolare Pesaro, Milano, Firenze… le cui cattedre, operanti ormai da diversi anni, sono supportate da programmi di studio oltremodo severi e ben articolati (c’è chi addirittura lamenta un’eccessiva complessità, soprattutto con riferimento alle materie complementari previste).
E’ altresì vero, però, che gli allievi di questi istituti che riescono a giungere a compimento dell’iter di studio programmato, possono poi ambire al conseguimento di titoli equivalenti, anche dal punto di vista giuridico, a quelli di pressoché tutte le altre classi di più remoto curriculum.
Evidentemente, queste mie considerazioni sono del tutto soggettive, personalissime, prive di qualsiasi oggettività ufficiale, e come tali vanno interpretate.
Si tratta, riferendomi al Conservatorio di Cagliari, di semplici riflessioni, che tuttavia trovano sostegno in una meditata analisi che mi è stato possibile fare dopo aver assistito, e ascoltato con attenzione, al saggio-concerto eseguito il 19 luglio 2019 nel cortile interno dello stesso conservatorio, dall’ENSEMBLE DI FISARMONICHE DEL CONSERVATORIO DI CAGLIARI.




Il progetto proposto dal sestetto, infatti, prevalentemente basato su un linguaggio musicale che oggi si è solito definire “contemporaneo”, anche in considerazione di quanto ho sopra esposto, mi è sembrato all’insegna di una sorta di “preoccupazione interna” piuttosto che proteso alla ricerca di attrattive, artistiche e culturali, capaci di coinvolgere l’ascoltatore pagante.
L’asserzione di una fisarmonica più autentica, invece, sarebbe stata più consona. Personalmente, alle “manate” sulla cassa armonica e ai ticchettii da vecchia macchina da scrivere sulla meccanica dei bassi, avrei preferito i famosi quanto significativi “silenzi” del pianista John Cage.
Comunque, finisco, l’iniziativa del Conservatorio cagliaritano a favore della fisarmonica, merita di essere sostenuta e incoraggiata con entusiasmo… e il mio, per quanto limitata ne sia l'importanza, c’è tutto. Grazie per la cortese attenzione. 
(Salvatore Pili)







[1] Presente in YouTube, insieme al Preludio op.31 di Volpi per sola fisarmonica, con l’ouverture Nozze di Figaro di Mozart e Triste Bolero di Lanaro. In assenza di un impianto di diffusione sonora di buon livello, si consiglia l'ascolto di questi brani a mezzo cuffia.